Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)
NOTE
E NOTIZIE - Anno XXII – 13 dicembre 2025.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del
testo: BREVI INFORMAZIONI]
Individuato un circuito che spiega come la
luce solare contrasta l’aumento di peso. Pazienti in
terapia della luce per il disturbo affettivo stagionale o altre forme di
depressione hanno spesso registrato un miglioramento anche per problemi di
tendenza bulimica con sovrappeso. Wen Li e colleghi chiariscono un meccanismo
che consente alla terapia mediante esposizione a luce intensa di essere
potenzialmente efficace anche in molti casi di obesità. La luce intensa, che si
avvicini alle caratteristiche della luce solare, riduce in modo efficace la
quantità di cibo assunto e mitiga l’aumento di peso nei topi attraverso un circuito
che interessa l’area ipotalamica laterale (LHA).
In particolare, si attiva un sottotipo
di cellule gangliari della retina che innerva neuroni GABAergici della parte
ventrale del nucleo genicolato laterale murino (vLGN)
che, a loro volta, inibiscono i neuroni GABAergici della LHA. L’attivazione di
questo circuito determinava l’interruzione dell’assunzione di cibo da parte dei
topi e la riduzione dell’aumento di peso. [Cfr. Nature Neuroscience – AOP
doi: 10.1038/s41593-025-02156-1, 2025].
Come fa il cervello a costruire le
gerarchie concettuali della parola e dell’ideazione? La
mente umana eccelle nella costruzione di strutture complesse a più livelli, che
garantiscono senso e razionalità a prodotti della nostra ideazione, che vanno
da una semplice frase a un progetto articolato in più fasi. Sappiamo ancora poco
dei processi neurali che rendono possibili questi automatismi. Bingjiang Lyu e colleghi, grazie
alla magnetoencefalografia (MEG), hanno rilevato un processo alla base di
questa straordinaria abilità. Sostanzialmente il cervello adopera due rapide operazioni
neurali, che separatamente 1) identificano il livello corretto di un item
in una gerarchia e 2) arrangiano questo item nell’ordine corretto
all’interno del suo livello.
Questo primo risultato getta luce sulle
regole che ci consentono di generare in modo flessibile pensieri complessi da
semplici elementi di senso. [Cfr. PNAS USA – AOP doi:
10.1073/pnas.2507417122, 2025].
Un sensore di luce nei neuroni può
consentire di “spegnere” dolore, epilessia e altri disturbi? L’optogenetica,
da prezioso strumento della ricerca neurobiologica sembra poter diventare mezzo
terapeutico, alla luce di nuovi studi. Christian Luscher
e colleghi hanno preso le mosse da un lavoro che ha applicato l’optogenetica direttamente
al sistema nervoso centrale umano trattando con successo la cecità, e hanno
realizzato una rassegna di tutte le possibilità terapeutiche ottenibili
mediante la collocazione di sensori di luce nelle cellule nervose umane, così
da poterne manipolare la funzione con la tecnica optogenetica. Le prospettive
sono davvero entusiasmanti, ma la traduzione clinica richiede ancor molto
studio. [Cfr. Nature Neuroscience
28, 2415-2431, 2025].
Malattia di Alzheimer e Malattia di
Parkinson: la spermina è una protezione naturale? La
spermina, una piccola molecola regolatrice di molti processi cellulari aiuta
nel prevenire l’accumulo delle proteine tau e α-sinucleina alterate,
che hanno un ruolo patogenetico importante, rispettivamente in Alzheimer e
Parkinson. In particolare, la spermina induce le proteine mal conformate a
raccogliersi in clump piccoli e circoscritti che
la cellula può agevolmente eliminare per autofagia. Esperimenti nei nematodi
dimostrano anche che la spermina accresce la longevità dell’organismo e la
produzione di energia cellulare. Noi aggiungiamo che la terapia con poliammine
è allo studio da tempo. [Cfr. Xun Sun et al. Nature Communications – AOP
doi: 10.1038/s41467-025-65426-3, 2025].
Le antenne dei coleotteri sono “sensori
a infrarossi” che agiscono da termocamere. Per attrarre gli
insetti impollinatori le piante hanno evoluto fiori dai colori brillanti ma, in
un tempo precedente dell’evoluzione, le Cicadee –
piante dell’Ordine Cycadales (Cycas, Zamia,
Dioon) caratterizzate da un tronco con un ciuffo
di lunghe foglie pennate, comuni nel Mesozoico, tipiche dei paesi tropicali da
cui furono importate negli anni Quaranta nel nostro paese per la bellezza
ornamentale che le fa campeggiare in parchi e giardini – svilupparono dei coni
capaci di autoriscaldarsi, fungendo da “fari termici” che irraggiano calore
attraendo i coleotteri. Coleotteri come Rhopalotria
furfuracea sono provvisti nelle loro antenne di minuscoli sensori di
infrarosso in grado di rilevare l’irraggiamento termico e consentire al sistema
nervoso centrale di attivare il pattern motorio di avvicinamento, che
porta l’insetto sulla pianta dove può effettuare l’impollinazione. [Cfr.
Science – AOP doi: 10.1126/science.znn8v2e, Dec. 11,
2025].
L’aquila dalla testa bianca dell’Arizona
migra verso settentrione, all’opposto degli altri uccelli. L’aquila
di mare dalla testa bianca, la Bald Eagle nordamericana
(Heliaeetus leucocephalus)
adottata come simbolo degli Stati Uniti d’America su monete, banconote,
bandiere, stemmi ed effigi su edifici pubblici, è un uccello rapace elegante
nel profilo e nel volo, di cui si conosce in dettaglio il comportamento. Uno
studio condotto da Caroline Cappello e colleghi su giovani esemplari della
varietà Arizona Bald Eagles ha fatto una
scoperta sorprendente: molti esemplari di queste aquile non seguono la via
migratoria consueta degli altri uccelli che volano verso il sud; al contrario,
migrano al nord durante l’estate e l’autunno. Seguono delle rotte che spesso le
portano nel profondo Canada. [Cfr.
Caroline D. Cappello et al., Journal of Raptor Research – AOP doi: 10.3356/jrr2450,
2025].
Le coppie di oche selvatiche con
personalità simili sono più prolifiche delle altre. Da
tempo, alcune scuole di psicologia animale hanno raggruppato i tratti
comportamentali di individui di una specie in una forma complessiva che
definiscono “personalità”. Ad esempio, l’audacia, la timidezza, l’aggressività,
il grado di attività costituiscono elementi da cui si deduce il tipo di
“personalità”. Adottando questo concetto e questo lessico, gli autori di uno
studio sull’oca selvatica (greylag geese, Anser anser), che forma legami monogamici di lungo periodo,
hanno rilevato che i membri di una coppia con personalità simili si riproducono
molto di più di quelli con personalità diverse. [Fonte: Journal of Animal Behavior & BM&L-International,
dicembre 2025].
Carreras Pampa (Bolivia): scoperte 17.978
tracce di dinosauri che rivelano comportamenti. Sulla
costa della Bolivia questa eccezionale gamma di impronte di zampe (16.600) e tracce
prodotte nel nuoto (1.378), risalenti al Cretaceo (da 145 milioni a 66 milioni
di anni fa), documenta in modo dettagliato e completo una gamma di
comportamenti motori di adulti e giovani dinosauri di varie specie. Si va da
impronte di zampe di oltre 30 cm a impronte piccole che non superano la
lunghezza di 10 cm, cosa rarissima nei rilievi fossili. Le più grandi sono
superate solo da quelle di Tyrannosaurus
rex e Gigantosaurus (40 cm).
La particolarità di questa scoperta
consiste nel presentare in modo evidente comportamenti quali procedere in
locomozione lenta, affrettare il passo, trascinare la coda ondeggiandone il
moto, correre, ossia imprimere impronte di balzi continui in lunga successione,
tracciare curve strette e improvvise, e poi nuotare. Le tracce del nuoto non
sono meno interessanti di quelle della locomozione sulla terra, e sono
costituite da solchi rettilinei o a virgola spesso affiancati da uno o due
solchi di minori dimensioni. Le impronte maggiori sono dovute all’asportazione
del sedimento sul fondo acquatico da parte del dito mediano della zampa, le
tracce minori sono state prodotte dalle altre dita. Ci sarà molto da studiare
su questo ritrovamento straordinario. [Cfr. Raul Esperante
et al. PLoS One 20 (12): e0335973, Dec. 3, 2025]
Il ritorno dell’intelligenza del mito di
Ecate ed Empusa per conoscere una realtà storica. Ci
è pervenuta questa richiesta, cui diamo volentieri risposta: In un vostro
seminario si spiegava la ragione logica e il valore storico-antropologico del
mito di Ecate ed Empusa, è possibile averne una
sintesi?
Certamente. Qui di seguito, attingendo a
un nostro breve testo del giugno di due anni fa, proponiamo la sintesi
richiesta.
Il lettore che non conosca la dea ctonia
Ecate, non se ne faccia un cruccio: anche Omero non la conosceva! La conosceva
bene Esiodo, l’autore della celebre Teogonia che descrive gli dei
dell’Olimpo e costituisce il riferimento per tutte le nozioni scolastiche ed
accademiche sulla personalità e i ruoli delle divinità, per un motivo molto
semplice: Ecate è originaria della Beozia, la terra di Esiodo.
Ecate, il cui culto sembra sia stato
importato dalla Caria, la parte di terraferma di fronte all’isola di Rodi,
costituisce una figura di passaggio dall’immaginario primitivo, magico e poco
definito degli spiriti concepiti dai popoli arcaici di sostrato, alle identità
umane caratterizzate da sentimenti, passioni, rivalità e difetti tipici della
personalità dei grandi protagonisti della mitologia greca. Non si ha una
precisa genealogia di Ecate, ma lo sforzo di trovarle genitori adeguati ci
rivela a quali simbolismi era prossima la sua rappresentazione nell’immaginario
popolare: figlia di Ceo, il titano dell’intelletto, pilastro del Nord, e di
Febe una titanessa sopravvissuta alla caduta dei
titani; secondo alcuni scrittori suo padre era Perse, secondo altri lo stesso
Zeus, e la madre sarebbe stata Asteria, la sorella di Latona;
poiché Ecate proteggeva la terra in Caria, la si chiamò “figlia di Demetra”.
Un’altra tradizione vuole che Ferea, una figlia del
dio del vento Eolo, sia stata amata da Zeus e, da questo rapporto, sia nata
Ecate.
Seguiamo la tradizione di Esiodo: Ecate,
il cui nome vuol dire colei che lancia le frecce, fu onorata da Zeus più
di altre dee ed ebbe potere su cielo, mare e terra, e quest’ultimo dominio la
associa, come Persefone, al mondo dei morti dal quale proviene il suo sapere
esoterico. Ecate era invocata sempre all’inizio dei misteri eleusini.
Protettrice di trivi e quadrivi dove per tradizione si compivano i riti magici,
per la sua attività venatoria fu chiamata “l’Artemide (Diana) dei crocicchi”.
Quando Ecate andava a caccia impugnava
una torcia, portava con sé dei segugi e aveva un seguito, come Artemide, di
vergini cacciatrici ai suoi ordini; fra queste vi era una fanciulla bellissima
col potere mutare di aspetto: Empusa, una cacciatrice
di uomini dal fascino irresistibile, capace di sedurre anche il più serioso e
restio, per poi trasformarsi in demone e, dopo aver giaciuto con lui,
divorarlo. Empusa è rappresentata come un’avvenente
ragazza con un piede di bronzo e una zampa d’asino.
Un lungo e difficile lavoro di
decodifica antropologica dei miti, avviato dall’antichistica italiana e
francese degli anni Ottanta, ha consentito in molti casi di ricondurre le
ragioni e le origini delle trame simboliche a fatti ed eventi sociali e
politici del mondo antico, riportando alla luce, come in un lavoro di
archeologia del racconto, reperti di realtà storiche. Monica Lanfredini ha
seguito questa tradizione di studi per il mito di Ecate ed Empusa.
Le cacciatrici fedeli ad Ecate, come
quelle fedeli ad Artemide, e poi nel mondo romano a Diana, erano vincolate da
due voti: il voto di castità e il voto di segretezza, costituendo il paravento
ideale per nascondere quel genere di operazioni che negli stati nazionali
moderni sono svolte dai servizi di sicurezza. Empusa,
la donna vera in origine, poi deificata e mitizzata, era una spia infiltrata
tra le vergini venatorie con l’arte dell’etera e la missione di eliminazione di
uomini considerati nemici o pericolosi per la polis. La sua efficacia
seduttiva era favorita dall’essere creduta una vergine vincolata dal voto di
castità, ma il piede di bronzo indica simbolicamente che era falsa nel
sentimento e saldamente legata al potere, mentre la zampa d’asino simboleggia
il lavoro servile, ossia il suo lavorare al soldo del governo. Empusa naturalmente non divorava materialmente gli uomini
che cadevano nella sua trappola, ma li consegnava agli esecutori della pena. [BM&L-Italia,
dicembre 2025].
Donna,
rapporto tra i sessi e matrimonio: confronto tra realtà franco-germanica e
italiana nel Medioevo. Affrontiamo
questo tema adottando lo strumento del confronto tra la società
franco-germanica, nella Mitteleuropa dominata dai barbari, e le società delle
città italiche medioevali, divise dalla frammentazione politica della penisola
ma unite da una radice greco-romana su cui si era solidamente innestata la
tradizione cristiana.
Gli studi di
paleopatologia sui reperti provenienti dai cimiteri merovingi hanno documentato
un’endogamia abituale, che nel modo più crudo ed evidente porta alla nostra
attenzione il problema delle unioni incestuose, di antico uso tradizionale
presso i popoli barbari nordeuropei, contrapposte al sacramento del matrimonio
cristiano che contribuisce a definire una sensibilità relativa allo stile dei
rapporti di coppia e una concezione dell’architettura sociale.
I rapporti fra
i sessi presso i Franchi, popolo germanico, rimangono per secoli ampiamente
dominati dall’istinto e da una concezione incivile che considera la violenza
sulla donna un modo per soddisfare il bisogno maschile di accoppiamento. La
concezione è simile a quella che si desume dal Codice di Eurico dei Visigoti,
in cui non solo la donna vittima di abuso è considerata corrotta, ma perde
anche il diritto di proprietà sui suoi beni, come accade alla vedova che abbia
un rapporto intimo, considerato come un adulterio, o cerchi una nuova unione,
considerata una cosa “disonesta”. “La violenza a una donna libera era punita
nel VI secolo, presso i Franchi, con un’ammenda di soli 62 soldi e mezzo, ma
sotto Carlomagno salì a 200 soldi, forse perché era aumentata la frequenza del
crimine”[1].
Da sempre,
invece: “Presso i Gallo-Romani lo stupro di una donna libera veniva punito con
la morte, quello di una schiava facendone pagare il valore”[2]. È
importante conoscere questa differenza, sia per rendersi conto
dell’imbarbarimento dei costumi intervenuto col dominio dei popoli gotici sia
per comprendere come sia stato più difficile l’affermarsi della concezione
cristiana rispetto a quanto accaduto nella nostra penisola. Presso i Germani
non esisteva distinzione tra la violenza sessuale, considerata invece
meritevole di morte dai Romani, e l’incontinenza lussuriosa di una coppia di
giovani, ignorata dalla legge nel periodo imperiale. Mentre per i Gallo-Romani
la fuga romantica era diventata una caccia all’ereditiera e tutt’al più
equiparata al rapimento di una fanciulla consenziente, per i Germani ogni fuga
o rapimento equivaleva allo stupro e comportava la perdita di valore della
fanciulla, considerata “corrotta”.
Come per gli
altri popoli di origine gotica, per i Franchi una fanciulla non protetta da una
famiglia potente o armata, se era vittima di uno stupro diveniva “corrotta”,
cacciata di casa e avviata alla prostituzione. I popoli germanici consentivano
impunemente lo stupro, ma legavano l’onore della famiglia alla verginità delle
donne, facendo questioni di “purezza del sangue” quando una violenza sessuale
causava una gravidanza. Questo brano di Michel Rouche è particolarmente
eloquente: “La verginità godeva di un primato, di cui la legge burgunda, con la
sua cura dei dettagli, è la documentazione più certa. Se la giovane ritornava
alla casa paterna «non corrotta», il rapitore pagava una somma pari a sei volte
il mund e inoltre 12 soldi di ammenda. Se non
aveva il denaro richiesto, sia che conservava presso di sé la ragazza, sia che
la restituiva, egli veniva lasciato nelle mani dei suoceri che potevano perfino
castrarlo: per una figlia perduta o disonorata, un eunuco ridicolizzato e senza
erede!”[3]
Una questione nodale per comprendere la
differenza di concezione tra barbari e popoli di cultura romano-cristiana è
nell’atteggiamento degli uomini provenienti dalle tribù germaniche: per loro le
ragazze esterne al clan sono oggetti da usare per il proprio divertimento e da
scartare e disprezzare dopo averle deflorate, mentre le ragazze interne al clan
sono da considerarsi rispettabili e da sposare. E questo ci riporta alla
questione dell’incesto, che così duramente ha sfidato e impegnato la Chiesa in
queste terre europee durante i secoli cristiani. Sono in programma nuovi studi
sul DNA dei resti rinvenuti dai cimiteri merovingi, ma quanto è già noto è
sufficiente a comprendere che in origine quelle popolazioni non avevano nemmeno
l’equivalente del tabù, che gli antropologi avevano scoperto nei popoli
primitivi molto tempo prima delle magistrali ricostruzioni alla luce del
paradigma strutturalista compiute da Claude Levi-Strauss nel celebre saggio Le
strutture elementari della parentela[4].
È difficile
stilare una graduatoria di importanza fra le ragioni adottate a sostegno del
matrimonio tra consanguinei, anche perché probabilmente sono esistite
differenze locali, di gruppo e di circostanza, ma la ragione di non dividere
con altre famiglie, clan e stirpi i beni, il patrimonio, le terre e il potere
militare, equivalente del nostro potere politico, rimane la più evidente e,
apparentemente, la principale. In epoca cristiana, poiché il matrimonio
sacramentale costituiva l’unico modo per ottenere il riconoscimento legale
dell’unione, i Franchi potevano dichiarare falsi genitori per uno dei due sposi
per eludere il divieto, cosa non particolarmente difficile in una realtà in cui
non esistevano l’anagrafe, i documenti di identità e altri mezzi di
accertamento oggettivo della parentela. I fratelli diventavano cugini e,
sfruttando le omonimie diffusissime, si potevano spacciare per estranei dei
parenti stretti.
La Chiesa
ingaggia un’aspra battaglia durata secoli contro questo costume e, per riuscire
a vincere gli artifici truffaldini, estende il concetto di incesto, dal
significato più restrittivo di unione tra fratello e sorella o tra un genitore
e un figlio, ad altri gradi di parentela e legame, prendendo le mosse da San Paolo
che, nella Prima Lettera ai Corinzi (5, 1), chiama incestuosa l’unione
con la moglie del padre, e definisce incestuosi i rapporti con figliastri,
sorellastre, fratellastri, e così via, ma anche con cugini e cognati,
includendo dunque anche le parentele acquisite e non solo quelle genetiche.
Sotto l’effetto della predicazione e dei penitenziali, si ottiene che i
Burgundi stigmatizzino un matrimonio con “una parente o una sorella della
moglie”[5].
Presso i Franchi si cominciano a considerare “scellerate” le nozze con “la
figlia di una sorella o di un fratello, la moglie di un fratello o di uno zio”[6],
andando teoricamente oltre la stessa tradizione ebraica, che prevedeva il
dovere del fratello celibe di sposare la cognata divenuta vedova. Ma, di fatto,
si tratta solo della deprecazione da parte di coloro che avevano acquisito una
sensibilità più civile, mentre continuavano a verificarsi nozze tra
consanguinei e tra parenti acquisiti, fino a quando Childeberto
II (575-595), sovrano dei Franchi, recependo l’istanza della Chiesa, in un
editto della fine del VI secolo dichiarò queste nozze “marchiate di infamia” e
impose la separazione dei due contraenti “incestuosi”.
Nel suo editto
Childeberto II, con l’intento di sbarazzarsi
definitivamente di questi usi tribali, andò molto oltre, stabilendo che gli
incestuosi, dopo la scomunica ecclesiastica, fossero dichiarati fuori legge,
esponendoli al rischio di essere uccisi impunemente, e ordinando ai conti di
uccidere tutti coloro che si rendevano responsabili di rapimento[7].
Il modo di
procedere della Chiesa rimane invece prudente e misericordioso, condannando
severamente il peccato, ma preoccupandosi di ottenere il pentimento del
peccatore per elargirgli sempre il perdono, come aveva comandato Gesù Cristo. A
questo fine si adottavano i penitenziali che, in assenza della confessione
individuale, auricolare e segreta, istituita solo nel 1251, costituivano degli
strumenti per ottenere il perdono attraverso specifiche pratiche di espiazione.
Leggendo i
penitenziali ci rendiamo conto di un altro aspetto che per secoli aveva segnato
una differenza tra i popoli diretti eredi della tradizione greco-romana, su cui
si era innestata la spiritualità cristiana, e i popoli barbari: i primi
avevano, come già nell’antica Grecia, il talamo nuziale; i secondi avevano un
grande letto comune in cui si dormiva in promiscuità. In proposito, Rouche
scrive:
“Non fa
meraviglia dunque trovare in un penitenziale la frase seguente: «Se, durante
l’assenza della tua sposa, a tua insaputa, la sorella di tua moglie, anch’essa
ignara, entra nel tuo letto ed hai un rapporto intimo con lei, credendo che si
tratti di tua moglie…»: doveva trattarsi di un incidente molto diffuso, grazie
all’oscurità con cui la notte avvolgeva il letto comune”[8].
Nonostante la
determinazione di Childeberto II, il costume delle
nozze incestuose permane a lungo per molte ragioni, prima fra tutte la presenza
di matrimoni incestuosi nelle famiglie di coloro che dovevano denunciare e
punire i responsabili del reato. Non si dimentichi che la madre di Childeberto II era Brunechilde, principessa dei Visigoti,
popolo barbaro che non riconosceva l’incesto ed era solidamente endogamico:
“Bisognò attendere l’età carolingia e il Concilio di Magonza dell’814 perché
quei matrimoni impuri cominciassero a scomparire”[9].
Durante quei
secoli i Franchi, come altri popoli gotici, avevano imparato che costituire le
famiglie sulla base di principi morali assoluti e condivisi consente
l’edificazione di una società che può prescindere dalla struttura tribale basata
su legami di sangue e difesa armata della proprietà e dell’identità. Ma, allo
stesso tempo, insieme con tutti gli altri popoli di origine barbara, non
rinunceranno mai del tutto alle proprie tradizioni e diffonderanno lo stile
delle famiglie armate e combattenti in tutta Europa. [BM&L-Italia,
dicembre 2025].
[Il
Seminario da cui è tratto questo testo (“Scienza e ragione per una migliore
conoscenza della storia”) è diretto da Monica Lanfredini].
Notule
BM&L-13 dicembre 2025
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Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society
of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze,
Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come
organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Michel Rouche, L’Alto Medioevo
occidentale in La vita privata dall’Impero romano all’anno Mille (a
cura di Philippe Ariès & Georges Duby) p. 354, CDE (su licenza G. Laterza e
figli) Milano 1986.
[2] Michel Rouche, op. cit., idem.
[3] Michel Rouche, op. cit., p. 355.
[4] Claude Lévi-Strauss, Le strutture elementari della parentela (1949), Feltrinelli, Milano 2021.
[5] Michel Rouche, op. cit., p. 355.
[6] Michel Rouche, op. cit., idem.
[7] Cfr. Michel Rouche, op. cit., idem.
[8] Michel Rouche, op. cit., p. 356.
[9] Michel Rouche, op. cit., p. 356.